Art Lining
L’Art Lining è una cooperativa specializzata in un settore produttivo di nicchia del settore tessile, riguardante “l’anima” delle cravatte: si tratta di quella parte interna della cravatta, cioè tessuti composti da fibre che le danno volume anche a seguito di pieghe e dalla pressione esercitata sulla stoffa. Vendono interfodere (differenti dalla seta) soprattutto a grandi produttori di cravatte che possono essere annoverati tra i grandi brand del lusso.
La cooperativa nasce nel 2008 dall’iniziativa di 13 dipendenti prevalentemente femminili (12 soci e 1 dipendente che non se l’era sentita di diventare socia), a seguito di alcuni tentativi poco lungimiranti di ridimensionamento imprenditoriale dell’azienda per far fronte alla concorrenza cinese nel settore. Dopo l’apertura del concordato e alcune vicissitudini col tribunale, il curatore ha ufficializzato il fallimento dell’azienda, che aveva alle spalle trent’anni di attività.
È stata la curatrice fallimentare a proporre il recupero cooperativistico dell’impresa dopo aver invano cercato un nuovo imprenditore, a causa della concomitante crisi economico-finanziaria: la curatrice ha capito da subito che le possibilità c’erano, soprattutto perché i clienti, grandi brand del lusso, continuavano a chiedere il prodotto. Pur non potendo contare su pregresse esperienze imprenditoriali, le ex dipendenti dell’azienda sapevano di avere le competenze professionali per continuare la produzione. Durante il concordato il tribunale aveva nominato un consulente con competenze gestionali, che poi però era entrato in conflitto col titolare della vecchia azienda. Siccome aveva dimostrato di essere una persona competente e affidabile, si rivolsero a lui per ricevere indicazioni utili quando diedero avvio alla cooperativa.
“Siamo su un territorio che ha una tradizione cooperativa”: dopo essersi rivolte a Legacoop, hanno potuto contare sulle risorse tecniche e finanziarie messe a disposizione dal fondo mutualistico Coopfond (50%) e dal Consorzio Finanziario per lo Sviluppo Cooperativo di Reggio Emilia (20%).
Il processo di costituzione del capitale sociale (30%) non fu semplice: quando chiesero l’anticipo della mobilità all’INPS, i funzionari interpellati non erano ancora a conoscenza di questa opzione. La risorsa più importante nelle fasi di recupero cooperativistico è il tempo: un blocco temporaneo della produzione avrebbe posto fine all’attività, perché i committenti sarebbero stati costretti a rivolgersi ad altri competitors e il mercato si sarebbe in parte perso.
Da ottobre a dicembre 2008 si fece ricorso all’esercizio provvisorio, limitando l’attività produttiva in funzione di un equilibrio fra entrate e uscite e per dare continuità al lavoro. Venne poi stipulato un contratto d’affitto del ramo d’azienda per i macchinari e per il capannone, con diritto di prelazione nel caso di un prossimo ed eventuale interesse all’acquisto.
“Il 2009 è stato durissimo: i committenti volevano verificare la qualità del prodotto e hanno fatto piccoli ordini per i primi 6 mesi”.
Le difficoltà iniziali non hanno fiaccato l’entusiasmo delle socie: nel 2010 la cooperativa ha acquistato gli impianti e a fine 2013 è stato acquisito anche l’immobile grazie a un mutuo ipotecario bancario con il supporto a garanzia del movimento Finanziario Cooperativo.
Non deve stupire, dunque, che l’Art Lining sia diventato un caso di studio esemplare delle imprese recuperate italiane e che abbia ricevuto una grande eco mediatico. Nel 2013, all’indomani della copertina dedicata da Panorama alla cooperativa, nel 2014 i soci e le socie sono andati alla Camera dei Deputati per sostenere maggiormente il fenomeno del recupero cooperativistico e dare nuove possibilità di recuperare in maniera cooperativistica aziende in crisi o con problemi di ricambio generazionale.
Gli anni migliori a livello di produzione e fatturato si sono registrati dal 2016 al 2019.
Negli ultimi 2 anni, invece, la cooperativa ha perso metà del fatturato. Nel settore tessile il Covid ha ucciso il fatturato: nel caso dell’Art Lining la pandemia ha significato due anni di cassa integrazione e la necessità di affrontare diversi problemi relativi alle norme sanitarie. Ancora una volta, però, le difficoltà si sono trasformate in opportunità: nel 2020 gli impianti sono stati convertiti per la produzione di mascherine.
Non essendo un’azienda molto energivora e avendo sottoscritto un contratto per la fornitura del gas bloccato fino a ottobre del 2022, il rincaro dei costi energetici non si è fatto sentire eccessivamente. “Il problema è che la nostra filiera tessile produttiva che sta subendo molto questa situazione, non solo per la scarsità delle materie prime ma soprattutto per l’innalzamento dei costi energetici di produzione. Fino alla fine aprile 2022 abbiamo lavorato tanto e oggi ci avviciniamo al solito calo di produzione di cambio collezione . Speriamo che nel 2023 si possa tornare a un trend di normalità.”
Oggi nella cooperativa lavorano 9 soci (8 donne e 1 uomo - tutte persone dai 40 ai 55/60 anni), negli ultimi anni, con le difficoltà del settore, alcuni soci sono state accompagnati al pre-pensionamento. “L’obiettivo era ringiovanire i soci, con la cassa integrazione da Covid non si è potuto procedere in tal senso. Intanto è fondamentale mantenere i posti di lavoro. L’obiettivo è la continuità lavorativa e per raggiungerlo stiamo cercando anche di diversificare la produzione”.